Le interviste di Treballu: Emanuele Demontis

Ciao Emanuele, raccontaci un po’ di te: chi sei e di cosa ti occupi?

Mi chiamo Emanuele, sono nato nel 1990 e nella vita faccio il fotografo e il videomaker professionista. Sono nato e cresciuto a Laconi e, attualmente, vivo a Cagliari, senza mai perdere occasione per ritornare nel luogo dove sono cresciuto e dove ho le mie origini. 

Nel 2016, insieme con il mio socio Alessandro Macis, ho fondato la Lasu Production con cui mi occupo di Reportage Wedding e, nel 2017 abbiamo ampliato la nostra attività fondando Banano Studios che si occupa di video musicali per band e artisti. 

L’automiglioramento.

Il mio modo di lavorare si basa sul concetto del continuo “automiglioramento”, studio moltissimo per differenziarmi e superare i miei limiti. 

Sei un creativo: la fotografia è il tuo strumento di lavoro e il tuo mezzo di comunicazione. Come è iniziata la tua passione e quando ti sei reso conto che saresti diventato un fotografo professionista?

La fotografia ha sempre fatto parte di me. Sin da bambino fotografavo con le macchine fotografiche “usa e getta” o quelle a rullino che rubavo da casa mia. Non ho mai dato particolare peso a questa passione e l’ho sempre messa da parte sino al 2011, anno in cui feci il mio primo lavoro presso un’azienda di mediazioni finanziarie. 

Durante quel periodo ho capito che non avrei mai voluto lavorare nel campo legato ai miei studi in giurisprudenza e con il primo stipendio acquistai la mia prima Fujifilm Bridge, iniziando a fotografare le solite cose che fotografano tutti, come tramonti, alberi, posaceneri …qualunque cosa.

In quel periodo avevo bisogno di staccare mentalmente, di distrarmi da una condizione di ansia e dalla mie preoccupazioni, e fotografare me lo permetteva. Giorno dopo giorno la fotografia si è impossessata di me e ho iniziato a studiarla in maniera più razionale e scientifica, cercando di migliorarmi sempre di più. 

I miei primi lavori concreti risalgono al 2013, quando ho iniziato a fotografare le band ai concerti in giro per la Sardegna.

Lo facevo, ovviamente, gratuitamente e senza nemmeno avvisare le band che si esibivano sul palco poi, successivamente, sono state le stesse band a contattarmi direttamente per chiedermi i servizi. La band che ho fotografato di più sono stati i Whiu Whiu, che ho seguito per un anno intero.

La mia passione è poi cresciuta sempre di più, portandomi a sviluppare le mie capacità e migliorare il mio approccio a una fotografia spontanea e veloce, quasi mai posata e costruita in anticipo, ma sempre incentrata sulla naturalezza e sull’impatto visivo. 

Parliamo di Lasu Production, il tuo lavoro principale. Quando è nata questa società? Come si è sviluppata la scelta di lavorare in questo settore? 

Ho iniziato a lavorare nel settore del reportage wedding in maniera del tutto casuale. Nel 2015 venni assunto da uno studio fotografico che in quegli anni era molto forte in Sardegna, con un gran numero di matrimoni per stagione. 

All’epoca ero uno studente e l’idea di fare qualche extra non mi dispiaceva affatto. Ho lavorato per quello studio per due anni, ricoprendo i diversi ruoli di primo o secondo fotografo e prima o seconda camera video, e in cui ho capito le dinamiche del lavoro e delle diverse situazioni a cui si va incontro durante questo tipo di lavori, potenziando le mie capacità e le mie competenze. 

Matrimonio dopo matrimonio ho imparato che era un settore che mi piaceva tantissimo e che avevo delle buone capacità. Questo mi ha portato a voler crescere, fin quando ho capito che volevo staccarmi e avere la libertà di poter creare qualcosa dove la mia sensibilità e la mia impronta fossero gli elementi principali, mettendo in pratica gli studi sulla fotografia, in modo da realizzare dei lavori che mi rappresentassero al 100%. 

Fu in quel momento che, con il mio socio, abbiamo deciso di fondare Lasu Production, con l’obiettivo di offrire un nuovo tipo di reportage matrimoniale basato sulla spontaneità, sulla naturalezza del racconto, sulla differenziazione di ogni lavoro in base alla tipologia, allo stile, ai contenuti, alle ambientazioni e ai colori. 

Hai iniziato a fotografare le band e ora, oltre quello, ti sei dedicato a una tipologia di fotografia che racconta l’amore, i sentimenti e le emozioni. Quali sono gli aspetti che più ti piacciono di questa tipologia del lavoro?

Il reportage wedding mi piace perchè, fondamentalmente, racconta emozioni genuine e molto forti che vanno dall’amore di coppia, all’amore della famiglia sino all’amore per il territorio. Durante i matrimoni, le persone sprigionano inconsciamente dei sentimenti molto forti che mi fanno provare molta empatia.

Il reportage wedding è uno dei più difficili che ci sia in quanto, nel matrimonio, non hai margini di errore. Ogni scena e ogni momento ritenuto importante durante la giornata si svolge una sola volta e in questo tipo di lavori è fondamentale l’organizzazione e la pianificazione, cose di cui sono “malato”. 

Mi piace anzitutto la varietà dei lavori che mi vengono commissionati perchè ogni matrimonio è diverso dall’altro, e questo porta anche me a essere differente e mai monotono nel tipo di narrazione e nello stile del racconto che propongo. 

Da qualche anno siamo entrati nel giro delle “Destination Wedding”, ovvero le coppie che vengono in Sardegna per sposarsi, quindi un matrimonio completamente diverso rispetto a quelli “nostrani” che ci ha permesso di costruire e definire un nuovo approccio al lavoro.

https://www.facebook.com/lasuproduction/photos/a.1822661681287890/2337077819846271/?type=3&theater
Nel tuo lavoro è necessaria una forte capacità di distinguersi: come riesci e cosa serve per farlo? 

Credo che uno dei fattori che più ci premi sia cercare sempre di utilizzare un approccio “umano” nei confronti del cliente. Il “cliente wedding” non è un modello e non è una persona che è abituata a essere ripresa o a essere fotografata e per far si che il servizio vada nel miglior modo possibile ha fortemente bisogno di sentirsi a proprio agio. 

Il fotografo è la persona più vicina agli sposi durante la loro giornata. Nel mio lavoro mi è capitato di diventare il loro punto di riferimento: se hanno dei dubbi, delle preoccupazioni o se qualcosa va storto (fattore che succede quasi sempre nei matrimoni), tu devi essere sempre una sorta di figura rassicurante che li mantenga sempre su uno status di tranquillità. 

Il cliente ti chiede di raccontare una delle più belle giornate della loro vita attraverso i tuoi occhi. Il fotografo è semplicemente un tramite dei sentimenti e delle emozioni degli sposi, a cui aggiunge solo il proprio stile.

Penso che quando raccontiamo e presentiamo i nostri lavori si percepisca questo, così come la passione e l’attenzione ai dettagli. 

Il mio obiettivo è creare sempre un prodotto in cui il cliente si riveda, si rispecchi e si riconosca. La persona che commissiona il lavoro chiede di raccontare una delle giornate più belle della loro vita attraverso i tuoi occhi. Sarebbe sbagliato creare un reportage wedding basato sulle mie preferenze o solo attraverso i sentimenti del fotografo: il fotografo è semplicemente un tramite dei sentimenti e delle emozioni degli sposi a cui aggiunge solo il proprio stile.

Dopo Lasu Production hai fondato Banano Studios, dedicato alla musica, alle band e agli artisti sardi e non. Sostanzialmente sei “tornato al tuo primo amore”, che in realtà non hai mai abbandonato del tutto, concretizzando la tua/vostra passione per la musica. 
Come è nato questo rapporto tra fotografia e musica? Quali sono i progetti futuri per Banano Studios?

Io e il mio socio Alessandro ci siamo conosciuti proprio in ambito musicale, ai tempi in cui lui suonava nei Whiu Whiu, quando i nostri ruoli erano ben diversi: lui musicista e io fotografo.

Il primo lavoro fatto insieme fu per la Bumbe Orchestra. La comune passione per la musica, quella raccontata, suonata e ascoltata, ci ha portato a scegliere di affiancarla alle nostre competenze, iniziando a fare dei lavori per le realtà musicali emergenti sarde e tutte le band che avessero voglia di farsi raccontare da un punto di vista videografico. 

Banano Studios nasce nel 2017 come progetto che ci permette di provare a sperimentare cose che poi, spesso applichiamo anche ai lavori di Lasu Production. È un terreno di prova in cui diamo sfogo alla valorizzazione degli aspetti più artistici e spinti del nostro lavoro che non si possono inserire direttamente in un video per un matrimonio.

Dal 2017 il progetto è cresciuto lavoro dopo lavoro, anche se ancora stiamo costruendo la sua dimensione definitiva. Attualmente abbiamo all’attivo ottime collaborazioni con diverse realtà importanti sarde come Bumbe Orchestra o La Pioggia. Rimane comunque un cantiere aperto e in via di sviluppo, che ci stimola nel cercare di raggiungere determinati standard di qualità del prodotto e che facciamo principalmente mossi dall’emozione: i lavori fatti fino ad ora, infatti, siamo stati noi a sceglierli per la qualità musicale, il progetto video o entrambe le cose. 

Da qualche mese stavamo lavorando, e quando finirà la quarantena continueremo a lavorarci, a un progetto di “Intimate Acoustic Session” con alcuni cantautori emergenti sardi come White Fang (Luca Cadeddu Palmas) e Donato Cherchi (Don Leone), in cui vogliamo creare un prodotto video che metta in risalto la solitudine e i sentimenti del cantautore con belle riprese e belle luci, in un mix preciso tra ambiente e musica. 

Come stai passando questa quarantena? Di cosa ti stai occupando? 

Vivo questo periodo come una grande opportunità. Lavorando come freelancer e senza mai avere un periodo di vacanza, desideravo fermarmi per un periodo per dedicarmi al poter fare delle cose per il puro e semplice piacere di farle come, ad esempio, studiare, leggere e arricchire la mia persona e le mie capacità artistiche. 

Ho ordinato un’immensa quantità di libri: romanzi, manuali di cinema, di fotografia di moda, fotografia ritrattistica, post produzione e illuminazione. Sto cercando di approfondire metodi narrativi legati a romanzi che non avevo mai letto ma che desideravo da tempo.

Il mio obiettivo è il miglioramento a livello artistico che nasce, prima di tutto, da un bell’animo interiore: un professionista può avere delle ottime capacità tecniche, ma con una bassa sensibilità non potrà mai tirare fuori quello che realmente vorrebbe. 

Attualmente sto portando avanti su Instagram un progetto di autoritratti personale, che avevo già in mente prima della quarantena. A febbraio sono stato ad Assisi per seguire un workshop molto importante sul reportage wedding durante il quale ho potuto seguire delle lezioni di fotografia terapeutica a cura di Laura Barbera. 

Da qualche tempo avevo il desiderio di poter sviluppare alcuni miei autoritratti per capire meglio la mia persona da un occhio fotografico e conoscermi come “soggetto fotografato”.

Il progetto è un modo di guardarmi dentro e interfacciarmi con me stesso, unendo il racconto alla fotografia: ogni immagine è accompagnata da una descrizione introspettiva, che racconta stati d’animo e riflessioni personali verso me stesso o verso i diversi punti di vista dell’animo umano. 

Sto quindi cercando di passare la quarantena attraverso lo studio e l’automiglioramento sia nella vita che nel lavoro. Con Alessandro ci stiamo occupando del potenziamento del sito web di Lasu e di alcuni aspetti del nostro lavoro cercando, ad esempio, di dare una grande attenzione all’artigianalità del prodotto fisico finito (gli album e le stampe) che consegnamo ai nostri clienti.

Come sai, Treballu nasce come “spazio di collaborazione, di scambio e di crescita” e tu sei uno dei primi ad averlo frequentato. Pensi che alla fine di questa emergenza, nell’ottica di un miglioramento del nostro stile di vita e per una ricostruzione condivisa del paese Italia, la collaborazione sarà un ingrediente essenziale per il futuro? 

La mancanza di certezze e l’obbligo all’individualismo che questa quarantena ci sta portando a vivere, necessiterà sicuramente dell’elemento della collaborazione per recuperare da quello che, sostanzialmente, è stato come un reset delle nostre abitudini e del nostro vivere quotidiano. Credo infatti che la mancanza di certezze porti l’uomo a chiudersi in se stesso ma, allo stesso tempo, aumenti il bisogno reciproco di socialità.

L’Italia, formata da tante piccole realtà regionali, territoriali e locali ha sempre peccato di mancanza di senso appartenenza e di unità nazionale nel senso di “unione tra le persone”, perdendo due elementi che, a mio avviso, sono fondamentali per diventare una comunità forte: la collaborazione e l’appoggio reciproco.

Ora viviamo uno dei pochi casi in cui, dal dopoguerra, tutte le persone si sentono sullo stesso piano, dal nord al sud e dalla città sino al piccolo paese. Tutti stiamo agendo alla stessa maniera per poterci ricostruir al più presto come identità individuale ma anche collettiva e comunitaria. Credo che anche le difficoltà economiche o psicologiche dovute a questo periodo drammatico, saranno affrontate cercando l’aggregazione e la necessità di affidarsi l’uno all’altro per poter crescere tutti insieme e non individualmente come prima. Nella gravità del Coronavirus, vedo questa situazione come opportunità.

Credo che una realtà come Treballu e degli spazi di coworking, potrà essere di grande aiuto da un punto di vista lavorativo, di sviluppo e di innovazione perchè viene attuato un approccio al lavoro che non è tipico e usuale. Ho avuto modo nel mio lavoro di confrontarmi con il mondo del coworking, ma credo che la bellezza di Treballu sia che ci si può confrontare con diversi professionisti e diverse personalità, differenti tra loro ma tutte con un medesimo indirizzo che ha la creatività come ingrediente fondamentale che rende le persone umane e inconsciamente si condizionano in modo da lasciare qualcosa l’uno all’altro. 

Non può esistere creatività senza influenze e confronto reciproco: una creatività che si basa sul proprio ego non è autentica ma è, in realtà, una monotonia reiterata che non porta da nessuna parte. Il bello della creatività si basa su costanti influenze: non esiste, ad esempio, un musicista che scriva la propria musica a partire solo dalla propria persona, ma bensì in base ai libri che ha letto, ai film che ha guardato e alle persone con cui ha parlato nella propria vita.

Cosa potrebbe diventare, per te, Treballu? 

Treballu per me ha grande importanza perchè mi ha permesso di riavvicinarmi al luogo in cui sono nato e cresciuto. Per me avere un ambiente in cui sviluppare il mio lavoro, neutrale rispetto alla mia abitazione, è stato un grande stimolo. Mi ha permesso di ritornare alle mie origini e ritrovare il mio attaccamento alla natura e di confrontarmi con persone differenti rispetto a quelle con cui mi confronto qui a Cagliari.

Nel momento in cui avrò la possibilità di tornare a Laconi e svolgere il mio lavoro lì, per me Treballu sarà una grande opportunità perchè è uno spazio che posso sentire come mio ma allo stesso tempo come un ambiente condiviso in cui posso sviluppare le mie idee e la mia persona, circondato da professionalità diverse dalla mia.